HomeDREAMCacilda Massango, la sua vita e la sua battaglia per prevenire e curare HIV/AIDS
05
Giu
2019
05 - Giu - 2019



La determinazione di Cacilda Massango, attivista del programma DREAM in Mozambico, vincitrice del premio internazionale “La donna dell’anno”.
Donna, sieropositiva, proveniente da un Paese in via di sviluppo dove la metà della popolazione vive in condizioni di povertà assoluta. Tre elementi troppo spesso considerati di debolezza, che Cacilda Isabel Massango è riuscita a trasformare in punti di forza, diventando uno dei simboli della lotta all’AIDS in Mozambico. Una storia di coraggio, umanità e grande professionalità oggi conosciuta anche in Italia, con Cacilda che si è aggiudicato il premio Popolarità della ventunesima edizione del riconoscimento internazionale “La Donna dell’Anno”, promosso dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta con il patrocinio del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità, del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e in collaborazione con il Soroptimist International Club Valle d’Aosta. Questa edizione era dedicata alle donne resilienti: donne che hanno avuto la capacità di resistere agli urti della vita senza spezzarsi, affrontando sfide ambiziose con coraggio e determinazione.

Cacilda è oggi l’anima mozambicana di Eu DREAM, associazione che lavora con l’omonimo programma della Comunità di Sant’Egidio per il diritto alla salute, la lotta all’AIDS e alla malnutrizione in Africa. È la coordinatrice del Centro DREAM a Zimpeto, nella periferia della capitale Maputo, una grande struttura sanitaria per la cura dell’HIV, della tubercolosi e dei tumori femminili, che offre servizi gratuiti e di alta qualità alla popolazione della zona.

Nata nel 1977 a Maputo, Cacilda è una giovane madre che non riesce a spiegarsi tante malattie che la colpiscono negli ultimi tempi e una gravidanza non andata a buon fine. Nel 2002, quando aveva solo 25 anni, arriva la risposta: è sieropositiva. Subito le consigliano di andare a curarsi nella periferia di Maputo, in un Centro DREAM della Comunità di Sant’Egidio che di trova presso l’ospedale di Machava. Segue il consiglio, arriva nella struttura sanitaria, ma con la certezza di avere accesso a cure per lei impensabili fino a poco prima, arriva un’altra, stavolta terribile, conferma: anche la figlia di un anno è mezzo ha l’HIV.

Cacilda non perde le speranze e inizia a lottare. Lotta contro la malattia che ha colpito lei e la figlia e, assieme a loro, tantissime altre persone in Mozambico. Riprende gli studi interrotti a 19 anni a causa della morte del padre e si laurea in Filosofia, diventa la direttrice di un centro nutrizionale e poi, nel 2018, arriva a coordinare il Centro Dream a Zimpeto, che accoglie già più di 2000 pazienti. Nel frattempo, fonda Eu DREAM, una rete associativa partita da alcune donne che avevano scoperto di essere sieropositive e avevano sperimentato l’efficacia della cura antiretrovirale.

Il messaggio portato avanti dal movimento è semplice: l’AIDS non è una sentenza di morte, ma si può curare. Oggi Eu DREAM raccoglie 10.000 persone ed è radicato in tutte le province del Mozambico. Un grande network che fa informazione e sensibilizzazione, proponendo un nuovo modo di affrontare l’AIDS e di lottare contro la discriminazione. Cacilda e gli altri attivisti di Eu DREAM hanno aiutato centinaia e centinaia di donne affette da HIV a ritrovare il loro ruolo centrale nella famiglia e nella società, hanno promosso il diritto alle cure per i bambini affetti da HIV, una parte della popolazione spesso dimenticata e trascurata.

“Premiare una donna mozambicana che è riuscita a farsi spazio tra gli ostacoli dovuti alla sua condizione di donna e di persona con HIV – si legge nella motivazione del premio “Donna dell’Anno 2019 – significa portare alla luce una storia che altrimenti non potrebbe diventare un esempio per le ragazze, dall’Africa all’Europa. È l’occasione per mettere in discussione gli stereotipi. Ci sono tante storie come questa e bisogna raccontarle per testimoniare la possibilità di costruire un mondo in cui migliorano le condizioni di vita di tutti e di tutte, se è equo l’accesso al diritto alla salute e all’istruzione.”

 

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